L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo sulla nostra pelle verrà presto messa per iscritto nei libri di storia e diventerà, quindi, parte del passato. Qualcuno creerà film ed eventi su questo strano periodo ed il nostro mondo potrà trarne finalmente delle conclusioni e degli insegnamenti. È quasi automatico che si proceda in questo modo: ci sono persone che speculeranno su questi avvenimenti e altre che invece studieranno gli eventi di questi mesi per trovare delle risposte o delle spiegazioni. La storia si studia proprio per migliorare il presente o, sotto un altro punto di vista, per osservare come essa tenda a ripetersi. Qual è, allora, il ricordo che lasceremo ai posteri e che racconteremo ai nostri figli e ai nostri nipoti? Come ci vedranno gli alunni del futuro? Come degli eroi o come persone che cercavano solo di sembrare tali? Gli spunti che questa situazione offre sono infiniti, ma credo sia meglio soffermarsi su questioni in cui noi stessi, con le nostre azioni quotidiane, possiamo ancora influenzarne le risposte; per questo dobbiamo rispettare le regole e non interpretarle a nostro piacimento; per questo dobbiamo pensare non solo a noi stessi, ma anche alle persone che ci stanno intorno.
Così potremo innalzare l’uomo e la sua intelligenza, anziché farlo cadere nella paura.
Credo che comunque sia nostro diritto continuare a vivere la nostra quotidianità, ma è anche nostro dovere contribuire a migliorarla. Il modo per trovare un compromesso tra “normalità” e “novità” risiede, quindi, nella capacità dell’uomo di adattarsi ad ogni situazione e di trovare un equilibrio anche nelle avversità più estreme. Così le persone si adeguano alle misure e, invece di uscire con gli amici, si collegano ad internet; invece di andare a ballare, cantano dai balconi. Anche il giornale non si è spento, ma si è “trasformato”, in un certo senso. Di conseguenza, con questa edizione non vogliamo solo offrirvi una panoramica generale dell’emergenza, ma trasmettervi anche un messaggio: possiamo o impazzire tra le nostre mura domestiche e diventare dei detenuti, che scrutano dalle ringhiere dei balconi, o diventare qualcosa di più, qualcosa che farà sorridere uno studente tra qualche secolo e che verrà preso come esempio. “Pensieri di quarantena” non vuole allarmare, ma vuole riassumere le vicende di queste settimane, approfondire i provvedimenti che l’Italia (e il mondo) hanno preso fino ad ora e vedere, quindi, se saremo in grado di migliorare la nostra stessa natura.
Andrea Leandri